#opere contemporanee
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Non più amore di Silvia De Angelis: Un viaggio poetico tra alienazione e perdita dell'identità. Recensione di Alessandria today
"Periferie schermate dal tempo dissociate nell’oggi celato"
“Periferie schermate dal tempo dissociate nell’oggi celato”. Con questa incisiva immagine, Silvia De Angelis introduce il lettore in un mondo fatto di disillusione e decadenza emotiva. La poesia Non più amore affronta i temi dell’alienazione, della freddezza interpersonale e del vuoto lasciato dalla mancanza di sentimenti autentici. Un viaggio nella disillusione collettiva Nel testo, l’autrice…
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A Villa Panza la mostra che celebra una grande donazione di opere contemporanee
NEL BENE FAI A VARESE, UN PERCORSO METTE IN DIALOGO I LAVORI DELLA COLLEZIONE PERMANENTE CON UNA PRIMA PARTE DELLE OPERE D’ARTE RACCOLTE DA GIUSEPPE PANZA DI BIUMO Più di cento lavori di 26 artisti europei e americani, donati qualche mese fa dalla famiglia di Giuseppe Panza di Biumo, sono in mostra a Villa Panza a Varese. La collezione, andata ad arricchire il patrimonio della dimora nobiliare…
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I mondi di Marco Polo
Il viaggio di un mercante veneziano del Duecento
a cura di Giovanni Curatola, Chiara Squarcina
testi di Michela Agazzi, Alvise Andreose, Eugenio Burgio, Stefano Causa, Rossella Cester, Arabella Cifani, Cristina Crisafulli, Giovanni Curatola, Daniele D’Anza, Piero Falchetta, Marco Guglielminotti Trivel, Vasco La Salvia, Michele Nucciotti, Zara Pogossian, Sabrina Rastelli, Chiara Squarcina
Magonza Editore, Arezzo 2024, 400 pagine, 20x28cm,ISBN 978-88-31280-99-0
euro 38,00
email if you want to buy [email protected]
Il catalogo della mostra di Palazzo Ducale a Venezia (6 aprile – 29 settembre 2024) è il libro ufficiale delle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Marco Polo, e ripercorre – attraverso studi inediti e opere preziose quanto eterogenee – la vita, i viaggi e le scoperte del più grande esploratore di tutti i tempi, con attenzione inoltre alle interpretazioni contemporanee che molti artisti hanno dedicato a questo personaggio.
Il volume, che si presenta come opera di riferimento su Marco Polo, mette in scena l’amore per la conoscenza del mondo e dell’altro, attraverso una galleria di immagini, opere e reperti provenienti dall’Armenia, dalla Cina, dal Qatar, dal Canada, dalla Francia, da molte collezioni e altre importanti istituzioni nel mondo.
Le varie sezioni del volume – con dei focus sulla cartografia, sulle aree di interesse dei viaggi di Marco Polo e delle scoperte mai pubblicate sinora sulla sua casa a Venezia – permetteranno di rileggere la geografia fisica, politica e umana degli incontri di Marco Polo in Asia.
17/04/24
#Marco Polo#exhibition catalogue#Palazzo Ducale Venezia 2024#Armenia#Cina#Qatar#Asia#fashionbooksmilano
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Bedri Rahmi Eyüboğlu
Nel vasto panorama dell'arte turca del XX secolo, pochi nomi risplendono con la stessa intensità di Bedri Rahmi Eyüboğlu. Nato nel 1911 e cresciuto in un'epoca di tumultuosi cambiamenti culturali, Eyüboğlu è noto per il suo stile distintivo che mescolava elementi tradizionali dell'arte turca, principalmente quella anatolica, con influenze contemporanee.
Le sue opere hanno avuto un impatto significativo sulla scena artistica turca del suo tempo ed è considerato uno dei più importanti artisti moderni della Turchia.
Eyüboğlu, morto nel 1975, aveva un'anima artistica poliedrica. Le sue opere letterarie e poetiche riflettono la sua elevata sensibilità artistica ed il suo profondo attaccamento alla lingua e alla cultura turca. Personalmente sono sempre rimasto impressionato dalle sue opere mosaicali. Queste si trovano in una nota pasticceria a Karaköy.
Insieme alla moglie Eren, ha realizzato molti mosaici ad Ankara e ad Istanbul, soprattutto negli anni '60, con una produzione artistica rivolta negli spazi pubblici che sono ancora visibili oggi. Una cosa che mi piace molto perché sono concepiti per non essere dentro un museo o galleria d'arte. Chiudo il post con gli ultimi versi di una sua poesia "Hele bir başlasın" (Che inizi proprio adesso). "Hele bir duyulsun uzaktan (Che si senta lontano) Yaylı çıngırakları (Il tintinnio dei campanelli) Yıldızlar seslensin, (Che le stelle sussurrino) Hele bir armut ağacı temmuzu yüklensin, (Che un albero di pero si carichi come a luglio) Hele bir kerrecik daha yalınayak yere değsin içimdeki çocuk…" (Che un'altra volta il bambino dentro di me possa camminare a piedi nudi sulla terra).
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città.
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Padova e la sua provincia.
Carissimi Amci, ho scelto questo titolo perché oggi lasciamo Padova e i suoi tesori per inoltrarci un po’ fuori dalle mura e precisamente a Selvazzano, periferia della nostra amata città. Qui spicca infatti, una delle più belle Ville Venete , "Villa Emo- Capodilista ". Data la sua architettura particolare e la posizione in cui si trova si può dire che sia un fiore all'occhiello, per noi Padovani. Costruita intorno al 1580 come casino (piccola casa) di caccia. Il progetto, fu di Dario Varotari, allievo del Veronese, che la affrescò con Eliodoro Forbicini e Antonio Vasilacchi detto Aliense. Gli spazi interni, ed esterni sono stati progettati per godere al meglio il territorio e della natura.
Un luogo di incommensurabile bellezza, per ritrovarsi , festeggiare o meglio ancora, rilassarsi a pochi km da Padova e Venezia. Nel 1800 la parete a Nord, venne chiusa per aggiungere poche stanze di servizio che ne migliorassero la vivibilità e la rendessero confortevole anche per lunghi soggiorni. Il perimetro è formato a doppie Logge , anch'esse affrescate, che si affacciano sul giardino e che formano una fantastica scenografia. La particolare combinazione tra geometrie, pitture e paesaggio ha ispirato diverse opere artistiche e contemporanee. Nella Loggia terrena si notano ancora le iscrizioni che richiamano una rappresentazione teatrale l'Adriana, una tragedia di Luigi Groto, che pare sia stato un ispiratore di "Romeo e Giulietta " di Shakespeare. In tempi più recenti, la villa è stata Set, " The merchant of Venice, con Al Pacino. La villa Emo di Capodilista, viene chiamata spesso "La Montecchia" perché si trova solitaria sopra il colle che gli dà il nome, perché sovrastato da vigneti! Se siete arrivati fino a qui vi ringrazio infinitamente, abbiamo visitato insieme, un posto fantastico!
Flora Mazzucato
Foto di Luca Dimita
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Vorrei invitarvi ora a spostarvi in Germania, nei primi anni Venti del XX secolo, ma non nei disordini e nei tumulti che segnano in quegli anni la vita delle grandi città tedesche, bensì nel silenzio e nel raccoglimento dell’abbazia benedettina di Maria Laach in Renania. Qui un oscuro monaco, Odo Casel, pubblica nel 1923 (lo stesso anno in cui Duchamp finisce o, piuttosto, abbandona in uno stato di “definitiva incompiutezza” il Grande vetro) Die Liturgie als Misterienfeier (La liturgia come festa misterica), una sorta di manifesto di quello che sarebbe stato più tardi definito Movimento liturgico.
[…] Alla base della dottrina di Casel sta infatti l’idea che la liturgia (si noti che il termine greco leitourgia significa ‘opera, prestazione pubblica’, da laos, ‘popolo’, ed ergon) sia essenzialmente un “mistero”. Mistero non significa però, in alcun modo, secondo Casel, insegnamento nascosto o dottrina segreta. In origine, come nei misteri eleusini che si celebravano nella Grecia classica, mistero significa una prassi, una sorta di azione teatrale, fatta di gesti e parole che si compiono nel tempo e nel mondo per la salvezza degli uomini. Il cristianesimo non è pertanto una “religione” o una “confessione” nel senso moderno del termine, cioè un insieme di verità e di dogmi che si tratta di riconoscere e di professare: è, invece, un “mistero”, cioè una actio liturgica, una performance, i cui attori sono Cristo e il suo corpo mistico, cioè la Chiesa. E quest’azione è, sì, una prassi speciale ma, insieme, essa definisce l’attività umana più universale e più vera, in cui è in gioco la salvezza di colui che la compie e di coloro che vi partecipano. La liturgia cessa, in questa prospettiva, di apparire come la celebrazione di un rito esteriore, che ha altrove (nella fede e nel dogma) la sua verità: al contrario, solo nel compimento hic et nunc di questa azione assolutamente performativa, che realizza ogni volta ciò che significa, il credente può trovare la sua verità e la sua salvezza.
Secondo Casel, infatti, la liturgia (ad esempio, la celebrazione del sacrificio eucaristico nella messa) non è una “rappresentazione” o una “commemorazione” dell’evento salvifico: è essa stesso l’evento. Non si tratta, cioè, di una rappresentazione in senso mimetico, ma di una (ri)presentazione in cui l’azione salvifica (la Heilstat) di Cristo è resa effettivamente presente attraverso i simboli e le immagini che la significano. Per questo, l’azione liturgica agisce, come si dice, ex opere operato, cioè per il fatto stesso di essere compiuta in quel momento e in quel luogo, indipendentemente dalle qualità morali del celebrante (anche se questi fosse un criminale - se, ad esempio, battezzasse una donna con l’intenzione di farle violenza - l’atto liturgico non perderebbe per questo la sua validità).
[…] Come, secondo Casel, la celebrazione liturgica non è un’imitazione o una rappresentazione dell’evento salvifico, ma è essa stessa l’evento, allo stesso modo ciò che definisce la prassi delle avanguardie del Novecento e delle loro derive contemporanee è il deciso abbandono del paradigma mimetico-rappresentativo in nome di una pretesa genuinamente pragmatica. L’azione dell’artista si emancipa dal suo tradizionale fine produttivo o riproduttivo e diventa una performance assoluta, una pura “liturgia” che coincide con la propria celebrazione ed è efficace ex opere operato e non per le qualità intellettuali o morali dell’artista.
In un celebre passo dell’Etica nicomachea, Aristotele aveva distinto il fare (poiesis), che mira a un fine esterno (la produzione di un’opera), dall’agire (praxis), che ha in se stesso (nell’agir bene) il suo fine. Fra questi due modelli, liturgia e performance insinuano un ibrido terzo, in cui l’azione stessa pretende di presentarsi come opera.
Giorgio Agamben
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La prima volta che sentii parlare di Bosch avevo quattordici anni. Me ne parlo un violoncellista in quello che era il luogo magico del conservatorio: le aulette studio. Si andava alle aulette per il cazzeggio assoluto, per le chiacchere, per aiutarsi a studiare. Tra un Bach ed un concerto di Saint Saens quello che allora era L. personaggio mitologico, mi parlo del Trittico delle delizie. Allora non c'era internet così diffuso e mi imbattei in Bosch nel libro di storia dell'arte e mi innamorai di quelle figure minute, dei quadri ricchi di particolari, un microcosmo di figure, un dedalo si storie tutte contemporanee nello stesso posto.
Sono andato oggi a palazzo reale a passeggiare per la mostra ed ho potuto ammirare dal vivo la sua pittura. Avevo visto già qualcosa a Monaco questa estate, ma l'esposizione milanese era ricca di altre opere di pittori che si sono ispirati a lui. Le tematiche sono quelle relativa al mondo delle tentazioni, del peccato e dell'inferno.
Interessante che la musica e gli strumenti musicali sono messi nella parte relativa all'inferno, usati addirittura come strumenti di tortura. Figure tra insetti e gnomi, demoniache e mostruose gli adoperano in modo creativo. In effetti da un lato l'ossessività e una certa dose di compulsività servono a diventare musicisti. Il piacere ed il gusto per la precisione, per il particolare, il ripetere incessantemente un passo, ed il giorno dopo ricominciare da capo come se niente fosse. Forse c'è un autodirezione sado-masochista nel musicista, nell'attenzione al particolare, nella cura maniacale dell'articolazione, del suono, dell'intonazione, nel tendere idealisticamente ad una perfezione inesistente, croce e delizia.
Ora che sono passati anni dal primo incontro, che insegno a scuola e che dovrei trasmettere la stessa dovizia per la cura del particolare mi trovo a vivere quotidianamente una battaglia, nell'alleggerire questa tensione nei miei studenti, e in me stesso. Un equilibrio continuo tra controllo e potenza, tra forma e contenuto, tra eros e thanathos.
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Quando ho iniziato a raccontarmi pubblicamente qui sul web, ho pensato che sarebbe stato stupendo se un giorno qualcuno che avesse gradito i Miei versi di vita, li avrebbe presi per dare Loro una voce. Se poi quello stesso qualcuno si sarebbe inoltre preso la briga persino di commentarli, esprimendo così anche una propria personalissima opinione, ciò come dire sarebbe stata come la classica ciliegina sulla torta. Ebbene, incredibile ma vero, questo Sogno oggi è divenuto Realtà ed Io non ci sto più dentro dalla Felicità!
Questo video-audio è la risposta a chi non ha creduto in Me e nella Mia Scrittura, a cominciare dalla sottoscritta.
Ringrazio il Gentilissimo Vox Profundis, grande appassionato e conoscitore della Letteratura Nostrana, l’artefice di questo Dono, per aver creduto così tanto in Me, definendomi senza mezzi termini: Poetessa e Autrice di Opere contemporanee e moderne. Non mi ero mai vista e nemmeno immaginata in questa importantissima “Veste”, la commozione per questo è veramente imponente. Grazie in anticipo a chi di Voi mi dedicherà un po’ del Suo prezioso tempo per ascoltarlo. Spero possa piacervi. ❤️
@elenascrive
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New York, Park Avenue Armory: TEFAF New York chiude tra fortissima affluenza, acquisizioni istituzionali e numerose vendite
TEFAF NEW YORK 2023 New York City, Park Avenue Armory 12–16 Maggio 2023 TEFAF New York offre ai propri visitatori un’esperienza fieristica unica grazie alla combinazione di opere moderne e contemporanee di qualità museale che dialogano con oggetti antichi, di gioielleria e di design. Considerata il principale evento per le belle arti, la Fiera ha attirato subito una nutrita folla a Park Avenue…
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nuovo!!! 2024 l'artista andrà in viaggio a gennaio!!! tutte le opere contemporanee dell'artista s.vito ha (–) 50% dal 5/12/2024 al 28/12/2024 Il laboratorio-Mostra s.vito. 2 rue ventefol 42400 saint chamond francia
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Esther Mahlangu
Icona pop, esposta in tutto il mondo, senza una sua opera una collezione d’arte africana è ritenuta incompleta, questa è Esther Mahlangu, artista sudafricana.
Dipinge vivaci opere geometriche basate sui tradizionali disegni della nazione Ndebele, di cui è eminente ambasciatrice culturale.
Spirito innovativo e dirompente, è riuscita a creare un ponte tra il mondo dell’arte tradizionale e quello contemporaneo, collaborando con celebrità, marchi globali, musei e istituti culturali.
Nata a Middelburg, l’11 novembre 1936, ha iniziato a dipingere a dieci anni, seguendo gli insegnamenti della madre e della nonna che, nella tradizione Ndebele, si tramandano, solo tra donne, un particolare tipo di tecnica pittorica solitamente riservata alla decorazione delle case in occasioni speciali come il passaggio all’età adulta.
Disegni caratterizzati da forme geometriche ripetute, limitate da un sottile bordo nero in contrasto con lo sfondo bianco. Simmetrie di linee e figure in cui i colori sono assolutamente predominanti. Partendo dalla tradizione, si è spinta oltre, reinventato questa tecnica su piattaforme più contemporanee come tele, sculture, ceramiche, automobili e addirittura aerei.
Ha collaborato con artisti come Andy Warhol, David Hockney e Frank Stella.
Le sue astrazioni hanno attirato l’attenzione internazionale, nel 1989, dopo la sua partecipazione a “Magiciens de la Terre” mostra collettiva al Centre Pompidou di Parigi, dove ha dipinto una replica della sua casa di fronte al pubblico intervenuto.
Due anni dopo, è stata la prima artista africana a ricevere l’incarico di dipingere una BMW Art Car.
Nel 1997 questo tipo di disegni è stato riportato anche sulle code degli aerei dalla British Airways e, dieci anni dopo, sulla nuova Fiat 500 in occasione della mostra “Why Africa?” a Torino.
Ha anche collaborato con diversi prestigiosi marchi come la Rolls-Royce.
Le sue opere sono nelle collezioni di celebrità come John Legend, Oprah Winfrey, Trevor Noah e Swizz Beatz.
Predominante nel suo lavoro è la tensione tra locale e globale, tra l’ancoraggio e il distacco. Attinge a piene mani la tradizione visiva locale che vuole rappresentare nel mondo per preservare la sua patria e cultura.
Ha fondato e dirige una scuola in cui insegna la sua tecnica pittorica e di creazione di gioielli, a giovani donne.
Un lavoro pionieristico e coraggioso, nato in un contesto di grandi difficoltà politiche e sociali, in cui propone con orgoglio un’arte legata alla rivendicazione etnica.
Nella sua lunga carriera, Esther Mahlangu ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui tre dottorati onorari e la nomina di Ufficiale dell’Ordine delle Lettere e delle Arti dal governo francese.
Nel febbraio 2024 è stata inaugurata la mostra “Then I Knew I Was Good at Painting: Esther Mahlangu, A Retrospective” presso la Iziko South African National Gallery.
Una vita spesa per l’arte come rivendicazione culturale.
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The Caring Hand: La Scultura Emblematica di Glarus, Svizzera. Un simbolo di protezione e cura, la mano che emerge dal terreno è diventata un’attrazione iconica a Glarus, in Svizzera
A Glarus, una tranquilla cittadina della Svizzera, si trova una scultura che colpisce immediatamente l'immaginazione di chi la visita.
A Glarus, una tranquilla cittadina della Svizzera, si trova una scultura che colpisce immediatamente l’immaginazione di chi la visita. Conosciuta come The Caring Hand (La Mano che Accudisce), questa opera d’arte rappresenta una grande mano scolpita che sembra emergere delicatamente dal terreno per proteggere l’albero al suo interno. La scultura è divenuta un’attrazione turistica e un simbolo di…
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Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani. Perdersi nel Labirinto. 100 opere a confronto tra archeologia e contemporaneità
Le opere contemporanee della coppia di artisti Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani si confrontano in un dialogo ideale con i reperti archeologici del Museo Concordiese
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Sol Lewitt wall drawings
a cura di Maria Grazia Tolomeo, Valentina Bonomo
Palazzo delle Esposizioni
s8zero / project room
LitoSud, Roma 2020, 80 pagine, 21x24cm, ISBN 88-82210-238-6
euro 25,00
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S8ZERO project room Palazzo delle Esposizioni Roma 10 maggio - 30 agosto 200
La mostra inaugura lo spazio S8ZERO, collocato al piano delle fondamenta del Palazzo delle Esposizioni e articolato in due progetti: Project Room e Melting Pot. L’iniziativa, ideata e curata da Maria Grazia Tolomeo, conferisce all’istituzione pubblica il ruolo di committente di importanti opere d’arte contemporanee. Nello spazio denominato Project Room, infatti, gli artisti saranno chiamati a esporre progetti inediti, ideati in stretta relazione allo spazio espositivo. “Il Palazzo delle Esposizioni” scrive Renato Nicolini presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo nel presentare la prima iniziativa di S8ZERO, “vorrebbe caratterizzarsi come un’istituzione che si rivolge soprattutto agli artisti ed al mondo dell’arte, un luogo dove riunirsi, discutere, immaginare, informarsi”. Una serie di iniziative, pertanto, riunite nel progetto Melting Pot, saranno dedicate a spettacoli teatrali, performance, rassegne in conformità con la varietà dei linguaggi di cui si è appropriata l’arte contemporanea. Il titolo S8ZERO, come dichiara Maria Grazia Tolomeo, si riferisce alla collocazione degli spazi all’interno dell’edificio e contemporaneamente alla temperatura “di un luogo in cui idee, sperimentazioni, eventi si manifesteranno per sciogliersi al contatto con il pubblico”. Il ciclo Project Room ha inizio con un lavoro di Sol LeWitt (Hurtford 1928), il noto artista americano che da più tempo e con più prestigio lavora sull’idea di opera d’arte strettamente relazionata allo spazio destinata ad accoglierla. Il maggiore esponente dell’arte concettuale, ha ideato appositamente per il Palazzo delle Esposizioni due nuovi wall drawing, trasformando con i suoi colori due grandi sale, le loro mura, le loro volte e attribuendo loro, con il rigore e la chiarezza del progetto, una rinnovata vitalità. La mostra è a di cura di Maria Grazia Tolomeo e di Valentina Bonomo.
17/04/24
#Sol Lewitt#art exhibition catalogue#S8ZERO Roma 2000#Maria Grazia Borromeo#art books#fashionbooksmilano+
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Giovedì 10 ottobre 2024, nell'ambito della mostra personale di Giorgio Piccaia dal titolo NATURA EST / FIBONACCI TOUR (01.10 - 31.10.2024), organizzata a Milano (Centro Internazionale Brera) da Deart/NF3 Studio Srl, con la curatela artistica di Massimo Borgato e quella organizzativa di Giovanna Repossi, è avvenuta con grande successo la conversazione dell'artista con il critico d'arte Marco Eugenio Di Giandomenico.
Le opere di Piccaia sono state analizzate alla luce dell'eterno dibattito dei rapporti tra arte e scienza con un focus sulle espressioni creative dell'artista ispirate alla sequenza numerica aurea di Leonardo Fibonacci.
"Piccaia, come tanti grandi artisti della storia dell'arte di tutti i tempi - ha commentato il critico d'arte Marco Eugenio di Giandomenico - si ispira al rapporto aureo, che è stato il driver portante di produzioni artistiche epocali, dalle sculture di Fidia alla Gioconda di Leonardo da Vinci, dalle architetture del V sec. a. C. a quelle contemporanee. Piccaia, tuttavia, non utilizza la sequenza di Fibonacci in chiave compositiva, bensì ne estrapola i numeri che diventano simboli a se stanti in rapporto dialettico tra loro, laddove ognuno assume un proprio specifico valore simbolico in relazione agli altri e ... insieme agli altri. Le sue opere, che godono di cromatismi affascinanti in perfetta armonia con il viaggio simbolico suscitato nell'osservatore, nascono da un'analisi scientifica, naufragando, tuttavia, nel mare metafisico dei segni ancestrali dell'esistenza umana e della natura".
La mostra, che dura fino al 31 ottobre 2024, sta riscuotendo grande apprezzamento da parte del pubblico intervenuto.
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